Vediamoci tutti il 30 marzo 2016 a Palermo, a Piazza Indipendenza

12 ottobre 2015

      Si dice sempre che il presente è figlio del passato. Niente di più vero. Se è così, è altrettanto vero che il futuro è figlio del presente. Nel senso che il futuro, per come lo immaginiamo, o per come lo vogliamo, può condizionare il presente.


    Ed è chiaro: se desideriamo fortemente raggiungere un obbiettivo posto nel futuro, ecco che tutto il presente, e tutte le nostre azioni di oggi  devono essere costruite e vissute in funzione del conseguimento di quell’obbiettivo, posto appunto nel futuro. Se invece questo presente ci sta bene e vogliamo che questo presente si perpetui, non dobbiamo fare nulla per modificarlo.

 Venendo al presente, al nostro presente, io sono sicuro che ormai i siciliani ne  siano stanchi e disgustati  e che siano pronti a lavorare per un futuro diverso, migliore.

  Mi piace pensare che i siciliani, siano ormai stanchi di subire le gesta sconsiderate di un rivoluzionario di cartapesta, stanchi di essere svenduti e  sacrificati agli interessi di Roma e del Nord, stanchi  di essere stati cacciati all’ultimo posto in tutte le graduatorie economiche, sociali e civili, stanchi di essere oltraggiati e sbeffeggiati per avere consentito a tutta una eletta compagnia di fannulloni di mantenere Crocetta in quel posto a qualunque costo, in sfregio ad ogni senso  del dovere, pur di servire e salvare la pagnotta.

 Sono convinto che tutti, a legioni, ubbidendo ad un comando interiore, personale eppure collettivo, raggiungeranno la piazza dell’Indipendenza, a Palermo e davanti al palazzo presidenziale, senza alcuna fatica otterranno le dimissioni del nostro ineffabile dilettante allo sbaraglio, che a quella vista non potrà che togliere il disturbo.

Persino i più feroci dittatori lo hanno fatto nella Storia,volete che non lo faccia un cavallo di cartone…?.

            Osservate quel numero posto in alto a  destra dello schermo.

 E’ l’inizio di un conto alla rovescia.

Indica i giorni che mancano al 30 marzo del 2016, l’anniversario della rivoluzione dei Vespri siciliani, un giorno che fu di riscatto e di unità morale  e sociale di tutti  i siciliani.

           Sono convinto che tutti, a legioni, ubbidendo ad un comando interiore, personale eppure collettivo, quel giorno raggiungeranno la piazza dell’Indipendenza, a Palermo e davanti al palazzo presidenziale, senza alcuna fatica otterranno le dimissioni del nostro ineffabile dilettante allo sbaraglio, che a quella vista non potrà che togliere il disturbo.

Persino i più feroci dittatori lo hanno fatto nella Storia,volete che non lo faccia un cavallo di cartone…?.

          Tutti, per primi i  giovani, i giovani  che sono costretti a rivendicare il loro  diritto allo studio con gesti clamorosi, i giovani che volendo avviarsi ad un vita lavorativa sono costretti a lasciare la Sicilia, poi i loro genitori, che non sopporteranno più i ricatti e gli inganni di una politica di mentitori; insomma tutti coloro cui è stata sottratta la dignità di cittadino occuperanno pacificamente la più bella piazza d’Italia, come amò definirla Goethe, e la trasformeranno in  una valle di Giosafatte, pacifica e rutilante, festosa ed inneggiante ad una nuova vita.

          Sarà un grande giorno e  la “mala signoria” se ne andrà a casa una volta e per sempre, “senza troppi disturbi”, nella consapevolezza della propria nullaggine, della propria inadeguatezza e della propria inettitudine.

          Sarà un lavoro duro, arrivare a quel giorno.

E’ una  storia   da costruire pezzo per pezzo, pietra su pietra, parola su parola, comunicando idee, elaborandole, incontrandosi, scontrandosi, se sarà necessario, ma senza mai perdere di vista l’obbiettivo e senza mai perdere la speranza di farcela.  Non sarà facile maturare insieme il convincimento che la maggioranza dei siciliani vuole vivere e lavorare in una terra nuova, in un’isola nuova e che questa  maggioranza  esiste e può farcela.

           Non sarà facile mettere da parte antichi pregiudizi, superare  intolleranze culturali,  vincere paure ataviche e irrazionali, timori reverenziali, sottomissioni, falsi e autolesionistici sensi di rispetto e di amicizia.

          Non sarà facile convincersi che da quelli che torneranno a chiederci il voto non potremo aspettarci che lo stesso nulla  che  ci hanno dato e quindi che meritano di scomparire.

 Soltanto così i siciliani si uniranno.

Se la Sicilia non lotterà per diventare una “piccola nazione”, non potrà mai  diventare una grande  regione.

          Uniamoci attorno  ad un progetto il cui cuore pulsante  siano il drastico abbattimento dei costi ormai insopportabili,  ingiusti ed  ingiustificati (rispetto ai risultati) della politica  a tutti i livelli, quella politica  che come il più feroce e spietato degli usurai, grava sulla nostra  vita, e l’eliminazione integrale di quella parte  criminale e  criminogena della spesa pubblica, la cui funzione è soltanto quella di comprare e  mantenere il consenso dei peggiori alla peggiore politica.

Finirà così il tempo in cui i siciliani assicuravano ad ogni eletto, anche il più inutile, il più ignorante, il più stupido, il più “fradicio”, votandolo in cambio di un piatto di lenticchie, cinque pasti al giorno per TUTTA LA LORO VITA, mentre tantissimi non erano e non sono in  grado di mettere insieme il pranzo con la cena.

 Finirà il tempo dell’astensionismo di massa che ha sempre consentito che fossero i peggiori a “fare” politica,

       Finirà così il tempo in cui tante madri saranno costrette ad assistere alla disperazione dei loro figli che non trovano un posto di lavoro, o che, pur di trovarlo sono costretti ad andare via da casa, o, peggio,a fare  scelte sbagliate.

        Finirà così il tempo in cui troppi pensionati vedranno calpestata la loro dignità, vivendo una vita che vita non è.

       I siciliani hanno ormai capito che il calzino può essere rivoltato e che dipende unicamente da loro.

Conosciamo benissimo le reazioni pelose che queste proposte immancabilmente scatenano negli indegni: populismo, demagogia a buon mercato, comunismo di ritorno, utopia da 4 soldi.

           Conosciamo le squallide motivazioni che  le ispirano.

Questo messaggio non ha come suoi destinatari soltanto i giovani e gli ultimi.

          Questo messaggio è destinato a tutti  quelli senza il cui contributo di impegno, di sollecitudine condivisa, i giovani  conosceranno solo delusioni e gli ultimi solo umiliazioni.

           Sto parlando di  quelli che  occupano per nascita, per sorte o per capacità  i primi posti nella nostra società.

         Sto parlando di quelli   che hanno il  dovere di  far fruttare i talenti che la vita ha assegnato loro.

           Che sarà di loro se non mostreranno  alcun  interesse, né alcuna sollecitudine  a che questa società  progredisca, le persone migliorino, i servizi  alle  comunità funzionino, potendo far da sé?

         I migliori hanno il dovere   di sollevare  per un attimo lo  sguardo dal loro ombelico. Basterà. Capiranno che anche loro in questo  degrado che ci circonda hanno perso molto, paradossalmente  molto di più.

         Hanno perso le loro città, il loro ruolo di eminenza, la loro capacità di pensare  agli altri, di guidarli, hanno perso l’amore  per il bello.

         In una parola hanno perso la loro anima. E hanno perso le cose che da  quando  l’uomo  si  è  messo in piedi  costituiscono  i simboli universali della civiltà, i teatri, le sale da concerto e tutta la bildung und kultur  tutto ciò di cui  i maggiorenti “portatori del fuoco” dovrebbero essere i promotori ma   i cui destini e la cui sopravvivenza hanno consegnato  alla politica dei nostri tempi, cioè al nemico giurato.

           Ma c’è di più: essi dopo aver barattato il loro primato morale  per una indifferenza  astiosa  si  sono pure offesi e preferiscono ritirarsi sotto i vessilli ammainati per quali un tempo hanno combattuto.

         E’ lì che si annida lo zoccolo duro  dell’astensionismo.

 Chiedo una missione impossibile? No. Ciò che  deve essere fatto può essere.

Uniamoci intorno a un progetto, un grande progetto, logico, ragionevole, razionale e consequenziale; bancabile, si direbbe oggi. Un progetto che  da subito  potrete valutare su queste pagine.

          Vedrete che sarà la mala politica, e  solo la mala politica, spogliata dei suoi privilegi, emendata  dei suoi eccessi, privata dei suoi scherani, a pagare per tutti, così come la mala politica ha strangolato tutti.

          Un progetto che resterà lettera morta se non si avvarrà di una leva potentissima.

          Una promessa fatta da persone che hanno una storia pubblica  lontana dalla politica e un passato senza ombre, da chi ha vissuto di lavoro con autorevolezza,  competenza e determinazione, giungendo a realizzazioni concrete e visibili, guadagnandosi la stima di colleghi ed compagni di viaggio.

           Una promessa fatta da tanti che, nel solo esclusivo interesse dei giovani siciliani e della collettività tutta, rinunciano ad un  presente da poter trascorrere in “otio cum dignitate” e che hanno ancora dentro di sé entusiasmo, forza e tanto da dare.

           E la promessa, oso dire di più, il giuramento è questo.

           Se la maggioranza dei siciliani manderà via Crocetta e la sua compagnia a furor di popolo e porterà quel progetto e i suoi garanti a  Palazzo d’Orleans, quel progetto diventerà il programma di governo.

          Non sarà necessaria una  maggioranza parlamentare, perché quando in Parlamento si giungerà al voto sulle leggi di attuazione  del programma e le leggi non fossero approvata  il Presidente annuncerà    le sue dimissioni.

       Come tutti sapete, se il Presidente della Regione si dimette dalla carica, il Parlamento regionale viene sciolto, tutti se ne tornano a casa e si va a nuove elezioni.

 A quel punto possono aprirsi due scenari.

          Nel  primo scenario, di fronte  alla certezza di tornarsene a casa, anche il più truculento degli eletti nel più compromesso dei partiti supplicherà il Presidente di ritirare le dimissioni, dichiarandosi pronto a lavorare fino alla morte nell’ esclusivo interesse dei siciliani. Insomma, diventerà improvvisamente  uno statista pentito contrito e redento.

          Se invece prevalesse la stupida protervia del no si andrebbe di nuovo a votare e allora si vedrebbe se quelli che, solo per conservare i loro lauti  introiti e continuare   a mantenere   i loro nani  e le loro ballerine, avranno impedito le riforme, il cui cardine saranno l’istituzione del salario di ingresso per i giovani, l’integrazione delle pensioni minime  e  l’eliminazione delle sopratasse locali, avranno il coraggio di ripresentarsi al giudizio degli elettori.

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